Sua Eccellenza Monsignor Domenico Mogavero è delegato della Conferenza Episcopale Siciliana nella Commissione Regionale per le migrazioni. Pantelleria Internet lo ha intervistato per conoscere gli orientamenti della Chiesa siciliana rispetto ad una problematica che coinvolge tutta la società civile.
Quali considerazioni sono emerse dal Convegno tenutosi a Pantelleria?
Abbiamo svolto i nostri lavori al centro del Mediterraneo e questo non certo per dare un valore turistico. Spostare la Commissione su Pantelleria è servito a contestualizzare il nostro impegno, è stato scelto un luogo che è centro di incontro di popolazioni, culture, civiltà e fedi. Abbiamo fatto una disamina della nostra realtà regionale e ci siamo accorti, purtroppo, che l’ambito delle migrazioni non costituisce una delle priorità pastorali delle nostre chiese. Il che ci dice come tutto ciò ci sfiori soltanto e non sia ancora una risorsa. E’ necessario dare un volto e una dimensione di missionarietà e di educazione al dialogo per le nostre chiese che ne hanno bisogno.
Come è vissuto il rapporto con le comunità della sponda sud del Mediterraneo?
Ci accorgiamo di quanto sia necessario il rapporto tra nord e sud nel Mediterraneo a diversi livelli, quindi non soltanto a livello di dialogo interculturale o religioso, che pure sono due dimensioni assai impegnative e difficili. Complicazioni che si creano per i nostri pregiudizi e per impreparazione, ma anche per la difficoltà del nostro interlocutore arabo di rapportarsi con animo libero verso il mondo occidentale che non è identificabile tout court con il cristianesimo, così come per noi è difficile non identificare arabo e mussulmano. Il cristianesimo arabo è per noi una categoria talmente astratta che pensiamo non esista, ma non è così. C’è poi l’aspetto del dialogo tra le chiese della sponda sud del Mediterraneo, sono chiese sorelle ma sono state madri per noi. Ci hanno dato il Vangelo e quindi dobbiamo accompagnarle nella loro difficile opera di presenza e di testimonianza, come chiese della minorità, in una espressione sociale a stragrande maggioranza mussulmana. Questo esige da parte nostra un grande lavoro di sostegno affinché non si sentano sole e non pensino che l’occidente sia assolutamente estraneo ai loro problemi e alle loro difficoltà.
Come vivere quindi il rapporto con queste comunità apparentemente tanto diverse?
Un raccordo sui diversi piani ci aiuta a capire in maniera più puntuale i problemi di diritti e libertà che sono connessi con le primavere arabe. Il problema della migrazione non può essere risolto con le barriere dei respingimenti ma con la creazione di opportunità di lavoro che tutto sommato sono anche abbastanza convenienti, perché il valore della moneta è quello che è. Per esempio con la Tunisia è da uno a due rispetto all’euro, il costo della manodopera è basso così come lo è quello delle materie prime. Se oggi l’occidente riuscisse a intercettare alcune esigenze di progresso e di benessere che ci provengono dalla terra d’Africa potrebbe, con costi notevolmente inferiori rispetto a quelli che qui sono praticati, operare e investire, fornire opportunità di lavoro che sono l’unico vero antidoto alla migrazione selvaggia.
Quale ruolo ha la chiesa rispetto alle altre agenzie sociali e alle istituzioni coinvolte nella problematica della migrazione?
Si agisce su piani diversi, chi deve gestire una politica economica o una politica di bilateralità di rapporti sul piano culturale, finanziario o di sfruttamento delle risorse, deve farlo a prescindere dal nostro intervento. Che poi noi, ed io in particolare, dica la mia ad esempio a proposito delle trivellazioni del Mediterraneo, questo è un aggiungere e un muoversi in sinergia. Intendo dire che quando ci sono di mezzo decisioni di carattere politico, ognuno deve metterci la sua, noi chiaramente possiamo incoraggiare o appoggiare tutto ciò che mette al centro l’uomo e i suoi diritti, calcando la mano su un umanesimo che per parte nostra, se è un umanesimo mediterraneo con l’aggiunta cristiano, è un valore aggiunto.
Quindi la chiesa è in prima linea su due fronti: quello dell’accoglienza immediata e quello della presa di coscienza che “l’altro” è positivo comunque?
Noi siamo per una linea di un umanesimo mediterraneo fondato sulle reciprocità di rapporti, su un dialogo, sulla possibilità di condividere accoglienza, scambi e comunanze. Soprattutto siamo per un umanesimo che dica come “l’altro”, di qualunque colore sia e di qualunque valore sia portatore, sia in ogni caso una risorsa. Questo lo stiamo portando avanti con estrema chiarezza perchè la criticità del fenomeno migratorio non venga aggravata e peggiorata da fattori emozionali, che possono farla leggere in maniera diversa e distorta, facendo pensare che da noi vengono solo straccioni, gente che vuole toglierci lavoro e benessere e non gente che abbia acquisito delle competenze professionali che può mettere a frutto nel nostro territorio.
Giovanna Cornado Ferlucci
_______________________________________________________________________________________
NASCERE A PANTELLERIA
Ricordiamo a tutti i lettori che questa sera alle ore 21,30 nei locali dell’oratorio di Pantelleria (sotto la Chiesa matrice) sarà proiettato il documentario "Nascere a Pantellria". Il lavoro è stato realizzato dal regista Nicola Ferrari con Anna Silvia e la collaborazione di Pantelleria Internet.
Lascia un commento