TUTTA LA VERITA’ SUL CASO MAURO DE MAURO

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Oggi il Corriere della sera dedica lo spazio cultura al libro "Mauro De Mauro il grande depistaggio"  di Vincenzo Vasile e Franco Nicastro edito da XL editore €13,90 pag 160. Il libro sarà presentato al Castello il prossimo 17 agosto alle 19. La relazione sarà svolta da Santo Della Volpe. Sarà presente e risponderà alle domande del pubblico Vincenzo Vasile .

Corriere della Sera del 10/08/13

http://digitaledition.corriere.it

Caso De Mauro, la pista doppia.

Fu un grande giallo italiano, un caso mai chiuso. Un giornalista, Mauro De Mauro, sequestrato e ucciso, il cadavere sparito, la matrice mafiosa, moventi e complici incerti. 16 settembre 1970: sotto gli occhi della figlia, a Palermo, De Mauro viene caricato nella sua stessa auto e portato via da tre sconosciuti. Il processo, dopo uno stallo di quasi quarant’anni dell’indagine, e dopo decine di udienze e centinaia di testimonianze, si è concluso in primo grado più di quaranta anni dopo, nel 2011, con l’assoluzione dell’unico imputato, Totò Riina, con una formula che richiama la classica insufficienza di prove. Tre altri mafiosi individuati come presunti killer erano intanto già morti. A riaprire la storia sul versante degli obiettivi e dello sfondo del delitto è un libro di Vincenzo Vasile e Franco Nicastro, rispettivamente ex direttore e vicedirettore del giornale di cui De Mauro era una firma di punta, «L’Ora» di Palermo. Dal titolo Mauro De Mauro, il grande depistaggio (Editore XL, pp. 160, € 13,90) si coglie già la novità del testo, che attinge, oltre che agli atti giudiziari, a ricerche d’archivio e indagini degli autori: a impedire l’accertamento della verità, non solo polizia e carabinieri gli uni contro gli altri schierati, ma una trama d’intossicazione informativa e di deviazione dell’inchiesta in cui ebbero posto diverse «entità». Vale a dire gli Immancabili servizi segreti deviati e agenzie di stampa dove esordiva in quegli anni un altro giornalista dal tragico destino, Mino Pecorelli. Lo spunto, insieme, per l’inchiesta e i depistaggi è l’incarico che il regista Franco Rosi, nel preparare il film poi premiato a Cannes nel 1972, ha affidato proprio a De Mauro, di ricostruire gli ultimi giorni di vita che il presidente dell’Eni Enrico Mattei passò in Sicilia prima di precipitare con il suo aereo a Bascapè, nel Pavese, il 27 ottobre 1962. Solo recentemente il pm di Pavia, Vincenzo Calia, ha stabilito che si trattò di un sabotaggio, e la bomba secondo numerosi pentiti sarebbe stata messa durante la sosta all’aeroporto etneo di Fontanarossa da un commando di mafia capeggiato dal boss Giuseppe Di Cristina. Tra i testimoni di Calia, un ruolo chiave l’ha giocato Graziano Verzotto, manager e dirigente dc che presiedeva l’Ente minerario siciliano, nel quale era stato assunto lo stesso Di Cristina e che De Mauro frequentava. Questa matrioska di delitti viene riconsegnata nel 2005 ai pm di Palermo (è uno degli ultimi processi di Antonio Ingroia): Verzotto allude a responsabilità nell’attentato di Bascapè del successore di Mattei, Eugenio Cefis, e — anche nel caso De Mauro — di un personaggio del potere siciliano legato a quest’ultimo, l’avvocato Vito Guarrasi, segnato a dito dal questore dell’epoca come il fantomatico «mister X» che sapeva tutto, ma mai inquisito. Precisamente il giornalista si sarebbe convinto che il sabotaggio dell’aereo di Mattei si inserisse nel conflitto interno all’Eni sulla costruzione di un metanodotto con l’Africa, cui si opponevano, appunto, secondo la ricostruzione di Verzotto, proprio Cefis e Guarrasi. Nella sentenza del 2011 le rivelazioni di Verzotto sono considerate invece un depistaggio che l’ex presidente dell’Ente minerario, a lungo latitante in Libano e a Parigi per una Tangentopoli ante litteram, avrebbe ordito per nascondere l’intervento dei servizi segreti francesi nella trama che uccise Mattei. E per introdurre questa pista nelle carte dell’indagine su De Mauro si mossero il Sid e vari protagonisti dei moti fascisti di Reggio Calabria. Un intrico talmente fitto non poteva non oscurare la parte più delicata delle attività di De Mauro. Il giornalista, poco prima di morire, si vantò infatti di avere in mano un grande scoop. Erano in corso i preparativi del golpe Borghese, cui partecipò — allora non si sapeva — il gotha della mafia. E De Mauro faceva per davvero il giornalista investigativo e, per il suo passato di militare nella Decima Mas del principe Borghese, era uno dei pochi in grado di decifrare l’aria degli ambienti criminali e fascisti. Per decenni questa spiegazione dell’assassinio è stata ritenuta alternativa alla pista Mattei, e alla fine tralasciata, ma Vasile e Nicastro sottolineano come alcuni alti ufficiali che insabbiarono il caso Mattei partecipassero anni dopo al quartier generale del golpe al fianco del principe nero. E gli stessi gruppi di Cosa nostra americana che tramavano contro Mattei, secondo le rivelazioni di alcuni pentiti, prendono parte più tardi alle riunioni per dare il la al tentato golpe. Il polverone che ha mandato in tilt i congegni dell’inchiesta De Mauro nasce probabilmente da quella miscela esplosiva ed eversiva.  

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