E l’isola accoglie e imprigiona nelle acque del Lago di Venere una Medea che poi sa ritrovare la propria libertà nel contatto con il pubblico, che a sua volta si fa strumento di riscatto delle ansie e dei rancori di una donna abbandonata, delusa e distrutta dal suo stesso agire. Medea, una tragedia classica che non poteva trovare scenario migliore: niente musiche, niente cori, niente tele né pannelli… una solitudine colmata dalla brezza del lago, dal vibrare di ali di una insolita farfalla, incubi e rancori che si materializzano nei colori del lago, perdendo aggressività nei riflessi di un tramonto rassicurante, che lentamente cede il passo all’etereo astro lunare che brilla solitario nel cielo. Una Medea mediterranea, moderna sirena a volte statuaria e raffinata, altre contorta ed aggressiva. Una dualità che le è propria e che si manifesta in passaggi repentini, mai disarmonici, una recitazione fluida ed intensa, una storia che scorre rapida ammaliando il pubblico che inconsapevole si fa parte della narrazione.
Giovanna Cornado Ferlucci
Lascia un commento