SANTO DELLA VOLPE: ”SUBITO ADOTTATI DA PANTELLERIA”

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È giornalista professionista dal 1977 ed in RAI dal 1982. Si è occupato e continua ad occuparsi di cronaca giudiziaria, seguendo tutti i più rilevanti processi ed accadimenti, come quelli relativi alle organizzazioni terroristiche, agli scandali petroli ed alle tangenti negli anni Ottanta, ai processi per la strage Thyssenkrupp ed Eternit. È stato inviato speciale per il TG3 nella prima Guerra del Golfo, in Iraq, nella guerra civile albanese ed in Kosovo. Segue da anni l’evoluzione della criminalità organizzata di stampo mafioso, come l’assassinio di Falcone e Borsellino, il processo Andreotti, l’arresto dei fratelli Brusca, la lotta dei commercianti siciliani contro il pizzo. Oggi è caporedattore della cronaca nazionale del TG3 e presidente di “Libera informazione”, costola dell’associazione “Libera”, fondata da Don Luigi Ciotti. Il curriculum di Santo Della Volpe, anche lui ormai pantesco d’adozione da quattro lustri, incute subito un certo metus reverantialis che – quasi! – svanisce per la modestia e l’umanità con cui accoglie i suoi ospiti e concede a Pantelleria Internet un’intervista strappata agli ultimi momenti di preziosa vacanza sull’isola. E così, rotto ben presto il ghiaccio, inizia la nostra intervista.

Com’è approdato sull’isola e quali fattori l’hanno indotta a restarvi?

Sono arrivato a Pantelleria con mia moglie nel 1994, dopo aver visitato tutte le isole del Mediterraneo. Abbiamo subito conosciuto persone meravigliose come Rosario Di Fresco, assaporato la squisita cucina dei Mulini ed i prodotti genuini dell’isola, vissuto tutta una serie di esperienze all’insegna di un’accoglienza autentica. Ci siamo sentiti subito adottati da Pantelleria e così, qualche anno più tardi, nel 1999, abbiamo finalmente acquistato un dammuso in contrada Tracino.

Il primo sito web che compare su Google, dopo aver digitato il suo nome, è “politicamentescorretto.org”. Si sente rappresentato da questa etichetta?

“Politicamente scorretto” è un’iniziativa molto interessante, ideata dall’Assessorato alla Cultura di Casalecchio di Reno, che dà voce alle più tormentate vicende dalla storia italiana grazie a prestigiose collaborazioni nel campo della letteratura, del cinema, del teatro, della musica e del giornalismo. Al di là di questo contesto, non sento, però, di potermi definire politicamente scorretto e neppure politicamente corretto. Nella mia professione considero come mia mission comprendere gli avvenimenti, scavare nelle situazioni per capire a fondo il reale problema. Le uniche etichette in cui mi sento a mio agio sono quelle di caporedattore del TG3 e di Presidente di Libera Informazione.

Nel corso della sua intensa carriera ha avuto modo di occuparsi di molteplici ed eterogenei ambiti, residuano ancora settori inesplorati in cui vorrebbe cimentarsi?

Vi sono campi che ritengo non appartenermi, come economia e finanza. Le uniche volte in cui mi è capitato di occuparmene, ad esempio nei casi Olivetti ed Alitalia, ho studiato intensamente, non essendo terre di mia elezione. Ritengo che bisogna avere sempre l’umiltà di esprimersi su ciò di cui si è a conoscenza e di non fermarsi mai di studiare e di apprendere. Questa curiosità da studioso si ancora su un certo tipo di mentalità, quella, cioè, che richiede profondo impegno nel proprio lavoro, un approfondimento continuo e la modestia di formulare giudizi ed opinioni soltanto su ciò di cui si è davvero a conoscenza. Personalmente, per quanto riguarda la mia esperienza in Iraq, benché mi sia recato in questo paese una ventina di volte, mi rendo conto che ho sempre bisogno di studiare ed aggiornarmi e, prima di ogni viaggio, mi documento avvalendomi di fonti di informazioni specializzate, italiane ed estere. Se ci si reca sul campo pensando di essere già a conoscenza di tutto, si finisce per svolgere dei servizi a tesi e non certo dei servizi giornalistici. Ecco, ritengo davvero che lo studio sia fondamentale ed imprescindibile in molte professioni ed in alcune in modo particolare.

Tra le innumerevoli esperienze professionali vissute, quale ritiene la più toccante?

Sono decisamente tante le esperienze che hanno lasciato un profondo segno, ma, dovendo sceglierne una in particolare, probabilmente quelle legate alla ThyssenKrupp. Conosco Torino e conoscevo quell’azienda quand’era ancora Fiat. Quella tragedia è il simbolo di una fase di deindustrializzazione nella quale le vittime sono sempre i più deboli, cioè l’ultimo anello della catena, gli operai. Sono deceduti arsi vivi, una morte davvero orrenda. I funerali sono stati strazianti. Ancora adesso, quando seguo le varie udienze, vivo con estrema intensità la sofferenza ed il dolore dei parenti. Le vittime erano quasi tutte giovani, una aveva poco più di quarant’anni, ma erano tutte giovanissime. Ecco, mi angoscia pensare a queste persone ridotte a torce umane per un motivo semplice, cioè per lavorare e non vivere d’inedia. Non è possibile morire a causa del lavoro nel nostro paese.

Nel corso della presentazione tenutasi a Pantelleria del libro “Mauro De Mauro. Il grande depistaggio” del giornalista Vincenzo Vasile, l’autore del libro ha sostenuto che la trattativa Stato-mafia è di preoccupante attualità. Condivide questa affermazione?

La condivido in parte. Credo sia vero che stiamo vivendo una nuova fase di pax mafiosa, essendo la mafia protesa alla ricerca di nuovi equilibri con le istituzioni politiche. Ma bisogna considerare anche un altro aspetto preoccupante. In questa situazione di silenzio delle armi si sta sviluppando moltissimo una sorta di finanziarizzazione della mafia, poiché essa è ormai in grado di controllare significativi flussi di denaro. Le organizzazioni criminali detengono conti correnti in Svizzera, Lussemburgo e negli altri noti paradisi fiscali. Hanno un potere davvero enorme. Hanno accesso anche all’economia legale e l’ingresso dell’economia contaminata in quella legale è pericolosissimo perché non può esservi competizione tra aziende che lavorano con sacrificio ed onestamente ed altre che si alimentano con proventi del tutto illeciti. È questo il pericolo vero della pax mafiosa, oltre alla trattativa.

Quale approccio hanno le nuove generazioni rispetto alla questione “mafia”?

Sono sicuramente molto più sensibili che in passato. Grazie anche alla collaborazione con Libera mi son reso conto che tantissimi ragazzi prestano il loro tempo ed impegno nella lotta alla mafia. Quest’estate, ad esempio, circa cinquemila ragazzi hanno speso parte delle proprie vacanze per lavorare nei campi di Libera confiscati alle aziende mafiose. Questo fattore è indice di qualcosa che sta cambiando realmente. Tuttavia, questo encomiabile movimento di giovani deve avere ancora la forza di esprimere dei cambiamenti anche su altri fronti, ovvero a livello politico ed istituzionale, ed è necessario che adesso questa sensibilità sociale diffusa trovi un forte riscontro nelle istituzioni politiche ed in parlamento.

La sua professione le ha consentito di venire a stretto contatto con ambienti contaminati sin nel profondo e con le peggiori brutture e nefandezze che si siano mai viste. Pensa possa esserci ancora qualcosa in grado di sconvolgerla?

Vorrei davvero sperare che non vi sia più niente in grado di scioccarmi. Mi preoccupano molto i rapimenti dei giornalisti, l’uso di gas in Siria, le lapidazioni delle donne … ma voglio davvero confidare sui giovani e sul cambiamento, sulla solidarietà tra le persone, vorrei che le tecnologie fossero utilizzate per cambiare e migliorare il mondo. Ambiente e solidarietà tra le persone sono i fattori che possono salvare questa pianeta. Sono convinto che ce la faremo. Sono una persona ottimista e fiduciosa, soprattutto nelle nuove generazioni.

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