IL CARNEVALE PANTESCO: UN PATRIMONIO DI EMOZIONI INTOCCABILI NELLA MENTE DI ”ZA” ANNA

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Trasmesso come imprinting di generazione in generazione, il Carnevale pantesco, per come chiaramente confermato da numerose voci del coro popolare, ha voluto sprigionare la sua licenziosa euforia in uno spazio temporale ben oltre le preventive concessioni.
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n“Una volta non si usava ‘suonare’ come adesso”,
serba con limpida memoria la ‘za’ Anna Lo Rillo, oggi preziosa confidente della giornata, da una vita domiciliata nei pressi della deliziosa Chiesetta della Madonna dagli occhi di ossidiana, su uno spicchio di patrimonio che accarezza, ricambiato, il matronale abbraccio della Montagna Grande in Sibà.
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n“E allora, come?”, le chiediamo interessati, per poter trarre dai suoi racconti le discrepanze di quanto sostenuto fin da subito.
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“Il Carnevale iniziava nella settimana di Settuagesima, per poi proseguire con le domeniche di Sessuagesima, di Quinquagesima e via dicendo, fino al Martedì Grasso, dopodiché le Ceneri. Oggi, invece, si continua a ballare fino a Pasqua e forse più, senza rispetto per le ‘avvertenze’ cattoliche! Mah…altri tempi, altra fede! Si danzava in tutti i Circoli in due specifiche serate della settimana: di mercoledì e di sabato, oppure di giovedì e di domenica. I locali erano così affollati da dover ricorrere all’uso delle coccarde, che erano un segnale per il permesso al ballo. Ci venivano assegnate di diverso colore (rosso, bianco, tricolore…) e, se non ricordo male, potevamo fare solo due danze durante la serata, per dare a tutti i presenti la possibilità di lasciarsi andare alla musica. Alle persone più anziane, di solito, si lasciava spazio per la mazurca e i balli più lenti – ricorda con evidente nostalgia la nostra simpatica interlocutrice -; per me e per gli altri ragazzini della mia età, si doveva attendere, con ansia gioiosa, la ‘Ballata dei Bambini” e non ci veniva permesso di ‘metterci in mezzo’ come invece accade oggi!”.
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nChiediamo ancora alla ‘za’ Anna quali altri mutamenti si possano riscontrare oggi, rispetto alle abitudini delle sue memorie adolescenziali sulla celebrazione del Carnevale. E lei ci risponde sempre con la tipica determinazione di chi vuol difendere a tutti i costi un patrimonio di tradizioni intoccabile nella sua mente, seppure sottoposto agli stravaganti ‘aggiornamenti’ di cui tutti siamo oggi testimoni.
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n“Si andava presto a ballare. Alle otto di sera, la ‘za’ Nicolina era già al Circolo! Ma la serata danzante terminava comunque la mattina, ed ancora oggi si usa fare, a turno, la spaghettata a casa degli amici del Circolo. Pensate che il ballo era una cosa molto sentita, tanto che molti si partivano a piedi, da Monastero e da altri posti lontani, per non mancare! E molte persone che si trovavano ‘a lutto’, si vestivano in maschera per non farsi riconoscere. Avevano voglia di un momento di allegria, e il Carnevale mascherato non glielo negava”.
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E Voi, come vi preparavate ad ‘affrontare’ la serata di ballo nel Circolo di Sibà?
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n“Ah…mi ricordo che io, mia sorella e Lina Cannarella eravamo nominate le più eleganti; ma mica facevamo chissà cosa per apparire tali!”
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Vi ricordate di qualche suonatore della contrada?
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n“Nel nostro Circolo, si sono alternati tanti suonatori, anche Pino Cannarella, il marito di Lina! Poi Pietro ‘U Canonicu’, ‘Lorenzo e Michele’ e….ah, sì…Salvatore Gauli fu uno dei primi, pensate che suonava da solo, accompagnato dalla sua inseparabile fisarmonica!”.
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nA proposito di ‘suonatori’, la ‘za’ Anna ci suggerisce di chiedere di più ad altri, perché ha paura di confondere e sbagliare le note musicali di una storia di contrada da ricomporre al meglio.
E su precise informazioni da lei stessa fornite, ci dirigiamo, di lì a poco, dove consigliatoci, perché il Carnevale è quest’anno ormai trascorso, ma la sua narrazione merita ampiamente di essere prorogata.
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nFranca Zona

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