LA CUCINA E IL CERVELLO

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Incontriamo a Pantelleria il dottor Sergio Acampora, medico chirurgo di Napoli, specializzato in neurochirurgia, appassionato di cucina e che da diversi anni frequenta l’isola di Pantelleria. La scorsa estate aveva tenuto un convegno organizzato dal Rotary Club, sul tema “La Cucina ed il Cervello”, primo evento della serie di incontri “Un Caffè per incontrarci”.

Ci racconta da quando ha inizio nell’uomo la relazione fra la cucina e il cervello?

Il rapporto fra questi due elementi è interessante sia dal punto di vista dello sviluppo del cervello che di quello della cucina. Certamente la cucina ha avuto inizio con la scoperta del fuoco e, quindi, con la possibilità di potersi cibare di prodotti cucinati e quindi selezionati. L’uomo preistorico si cibava di radici, di piante spontanee, di animali che mangiava crudi e nello stesso tempo di cui non separava i vari componenti. L’apporto nutritizio era minimo e invece era massimo il dover masticare e dover digerire i vari alimenti. Questo rispecchia anche le caratteristiche dell’uomo secondo l’evoluzione di Darwin, in quanto l’uomo preistorico aveva una scatola cranica molto piccola, simile alle scimmie, mentre lo splancnocranio era molto sviluppato proprio per questa necessità di dover masticare a lungo. Lo stomaco e l’intestino erano due organi che dovevano lavorare molto e quindi assorbivano la maggior quantità di sangue e il povero cervello si nutriva di poco. La scoperta del fuoco, il cambiamento di alimentazione e la possibilità non solo di cucinare ma anche di selezionare gli alimenti hanno avuto l’effetto che masticazione e digestione avessero un lavoro meno gravoso, lo stomaco e l’intestino potessero assorbire meno sangue e quindi il cervello beneficiare di un maggiore apporto di sangue e quindi di ossigeno.

Quindi con l’evoluzione dell’uomo e i conseguenti cambiamenti di abitudini di vita si è modificato anche il cervello?

Certo, questo cambiamento nell’uomo ha fatto sì che il cervello sia migliorato non solo nell’organo che è diventato più grosso ma principalmente a livello funzionale. Si sono create delle reti di connessione con i diversi emisferi, con il cervelletto, e la capacità funzionale del cervello è migliorata e si è affinata. L’uomo è diventato più esigente e quindi ha migliorato la cucina. Per analizzare cosa accade nel cervello quando prepariamo da mangiare e poi mangiamo dobbiamo distinguere due momenti; il primo è quello degli organi di senso i quali partecipano tutti insieme nella elaborazione di un piatto o ancor meglio nella degustazione. La vista certamente è colpita dalla preparazione di un piatto e dai suoi colori, come l’olfatto, se il piatto emana già da lontano dei profumi che vengono percepiti dal naso e, ancora poi si compendia con gli altri organi, e infine il tatto, quando tocchiamo il cibo con le labbra, oppure quando mastichiamo sulla parte boccale. Il gusto si realizza attraverso la percezione degli elementi base, i quali vanno a stimolare delle concentrazioni di papille sulla lingua. La parte anteriore è predisposta a percepire lo zucchero e quindi il dolce, la parte laterale l’acido e il salato, e la parte sul fondo l’amaro. Quest’ultimo aspetto caratterizza anche una sorta di difesa del nostro organismo, in quanto se involontariamente si assume una sostanza velenosa, che notoriamente ha un sapore amaro, questa viene percepita dalle papille e da origine ad uno stimolo fisico involontario di rigetto che ci permette di salvarci e non ingerire la sostanza velenosa. Infine c’è l’umami, il sapore tipico del glutammato, più conosciuto nei paesi orientali, che da noi è caratteristico del parmigiano, dell’estratto di carne e ancora dei concentrati di brodo. Come ultima scoperta per gli elementi di base c’è il grasso, che è quello caratteristico del sapore del prosciutto crudo, quand’è masticato nella sua totalità di parti grasse e magre. Per poter far capire qual è la funzione di ogni singolo elemento, attraverso un laboratorio sensoriale cerchiamo di preparare dei cibi e quindi degli stratagemmi che ci permettano di cogliere uno per volta la funzione dei diversi alimenti.

Ci fa un esempio pratico?

È simpatico vedere ad esempio, come le pietanze pantesche possano esaltare le capacità dei singoli organi. Immaginiamo un cannolo con la cialda che è così fragrante, che quando la mastichiamo percepiamo addirittura con l’udito la sua frammentazione, che è sinonimo di freschezza perché è stato preparato al momento. Possiamo percepire attraverso la lingua e quindi le labbra la sofficità della ricotta e poi ancora possiamo distinguere il sapore dolce della ricotta, dello zucchero e dei canditi, e tutti quegli aromi che vengono percepiti dalle papille posizionate in altre parti della lingua. La capacità di saper cogliere in modo consapevole tutte le caratteristiche di quei piatti che sono contrastanti fra il dolce, il salato e l’amaro, tipiche della cucina mediterranea.

E’ vero che sta progettando un laboratorio sensoriale qui a Pantelleria?

Sì è un progetto che spero di poter realizzare a breve per condividere e far capire anche ai più curiosi che la cosa più sorprendente è capire che cosa succede nel cervello. Perché tutti gli organi e i sensi si rapportano al cervello, che poi li elabora, con i ricordi di un vissuto del passato e attraverso le esperienze che abbiamo avuto? E’ sufficiente a volte sentire il profumo di una cipolla che veniva soffritta per ricordarsi di quando una volta bambini la mamma ci preparava il ragù. Ancora valutare un piatto e carpirne quali sono gli ingredienti se lo annusiamo in maniera intensa per cercare di scoprire tutti i componenti che esaltano l’olfatto. L’obiettivo del nostro laboratorio sensoriale sarà quello di poter rendere tutti i partecipanti coscienti di quello che fanno, sia nella preparazione che nella degustazione di un piatto. L’ultimo aspetto interessante per noi neurochirurghi e neurofisiologi è l’amigdala, che è una parte della struttura cerebrale che si trova nella zona profonda del lobo temporale e che costituisce, a mio avviso, la scatola nera del cervello. Raccoglie tutte le emozioni che provengono dall’infanzia e che successivamente vengono esaltate naturalmente da vari componenti, consentendo in determinanti momenti di risvegliare uno stato di allerta. Di solito viene studiata e citata per aspetti negativi e raccapriccianti delle azioni di un individuo, ma ritengo che possiamo sfruttare questa componente, l’amigdala, anche a fine di bene e quindi nell’ottica di provocare un piacere. Accogliamo quindi l’amigdala a tavola!

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