Salvatore caro,
ho letto con grande nostalgia il tuo articolo su Gaetano Valenza, ed ho guardato con attenzione la foto che lo ritrae con un viso stanco ed ormai invecchiato. Io lo ricordo giovane, quando aveva appena inaugurato il Tikirriki assieme a Giovanni Valenza, detto Semolino. Subito dopo, l’anno successivo, credo nel ’67, io e Gaetano aprimmo a Perugia, in pieno centro, in società con Piero Marini, il più bel ristorante- piano bar della città, il Chiavon d’Oro. Vivemmo a Perugia per un anno e mezzo circa, e nostri clienti erano i Buitoni, il conte Tiberino Ansidei, Claudio Bruti della cartiera Bruti, ed altri. Gaetano era con la sua compagna Minni, da poco conosciuta a Pantelleria, e dividevamo, tutti assieme, un grande e vecchio appartamento. Con noi c’era anche Franco Starace, il Principe. Io giravo con una Morgan nera, Marini con una due posti jaguar, Gaetano con una Mercedes. Ovviamente la cosa durò poco, eravamo troppo giovani ed incoscienti, ma fu un periodo della mia vita, vissuto in maniera molto intensa e il cui ricordo mi ha accompagnato tutta la vita. Ho rivisto poi Gaetano, negli anni, più volte, mi veniva a trovare a Roma, e si fermava per lunghi periodi, gradito ospite. Gaetano aveva la capacità di vivere senza denaro, ma sempre con grande signorilità. Io dicevo che era uno degli ultimi romantici di questa società, a lui era tutto permesso: lasciare un grande albergo senza pagare, entrare liberamente nella tenda di Gheddafi, o recitare, in elegante vestaglia di seta, poesie d’amore tra gli ospiti smarriti del ristorante di Cicci. Poi, morì tristemente, a Palermo, in una casa per anziani, lui che anziano non lo fu mai. Era cambiato il mondo, e non c’era più spazio per un personaggio come lui. Ma anche Pantelleria non era più la stessa.
Ernesto Lamagna
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