Una nicchia nascosta in una vecchia casa in ristrutturazione, il ritrovamento di un sacco che custodiva una scatola di latta e dentro lettere d’amore. Sono questi gli ingredienti di un romanzo storico che parte da un fatto realmente accaduto e da lettere veramente scritte da due amanti negli anni ’40 e i primi degli anni’50. E’ così nato un romanzo storico scritto da Stefano Ruggeri e Franca Zona che è stato presentato all’Hotel del Porto alla presenza di un pubblico numeroso ed attento. “Il dammuso del Nibbio”, così s’intitola il romanzo, è stato illustrato da Gabriella Lasagni, regista televisivo (tra l’altro di Geo & Geo) che ha sottolineato come quella degli autori sia stata “una scelta di cuore perché hanno preferito fare leggere alcuni brani del libro ai loro amici più cari, Estella Delli Paoli, Giuseppe Belvisi, Paolo Mineo”. Al tavolo, oltre ai due autori c’erano il professor Antonio Valenza, che ha curato la prefazione e il direttore di Pantelleria Internet Salvatore Gabriele. “Il romanzo – ha detto Gabriella Lasagni – nasce da un fatto storico e poi vola. “Il dammuso del nibbio” è un libro elegante nella sua forma corredato di immagini in bianco e nero. Si cala nell’isola, nella sua qualità. Non è solo una cartolina, ma vive di sensazioni più profonde”. Stefano Ruggeri ha voluto sottolineare come, una volta venuto in possesso delle lettere, per lui e Franca è stato quasi come un atto dovuto dare ai panteschi e a tutti gli amanti dell’isola questo spaccato di storia dell’isola. L’idea del romanzo era nata quasi per caso nel 2006. “Mio padre – ha detto Stefano Ruggeri – durante uno dei suoi lavori in muratura aveva sfondato una parete ed aveva rinvenuto questa nicchia dove qualcuno aveva voluto conservare il ricordo di questa bella storia d’amore. I fogli appallottolati erano ingialliti. Me li portò a casa e mi disse: divertiti. Capii subito l’importanza di quello che avevo tra le mani ed insieme a Franca abbiamo cominciato a leggere e trascrivere le lettere. Abbiamo impiegato due inverni, e cinque per scrivere il romanzo. Noi possiamo lavorare solo in inverno per via del lavoro che facciamo. Dalle lettere è venuta fuori la storia di questi due amanti, ma anche quella dell’isola in anni difficili della guerra e del post bombardamento. Ci sono i velieri che portano i prodotti di Pantelleria nel Mediterraneo, si parla del bombardamento e di situazioni legate a contesti e manifestazioni religiose. Eravamo indecisi tra pubblicare un epistolario o una storia. Abbiamo deciso alla fine per il romanzo. In questo lavoro ci ha aiutato tanto il professo Antonio Valenza con i suoi consigli”. “Antonio – ha detto Franca Zona – è una persona straordinaria. Abbiamo avuto un approccio terapeutico per un condivisibile patrimonio culturale”.
Nel suo intervento il direttore di Pantelleria Internet Salvatore Gabriele ha sottolineato come Stefano e Franca si sono inventati un lavoro. Hanno un’agenzia, portano in giro i turisti, ma hanno scelto di dare sempre alle loro gite delle mete culturali per mettere in risalto l’enorme patrimonio storico ed archeologico dell’isola. Sono persone che devono essere prese ad esempio dai giovani di Pantelleria.
“Questo romanzo – ha detto il professor Antonio Valenza – si poggia sui due interrogativi d’importanza che infine vanno ad orientare anche la scelta dei Lettori. Per chi scrivere “Il dammuso del Nibbio”? Perché leggere “Il dammuso del Nibbio ”?.
“Il dammuso del Nibbio” nasce dedicato alle intenzioni di chi, stando ai fatti, non si era rassegnato a decapitare la propria storia. Costretto dalle convenienze a bloccarla in una sorta di fermo immagine, lo fece tradendo l’intento di riavviarla appena possibile. Difatti né distrusse, né dimenticò le intime prove dello scandalo. Poiché, così si fosse determinato, sarebbero bastati o un fiammifero o un cassetto. Invece, palesemente intento a preservarlo dalla distruzione, conservò il plico della passione clandestina in una latta antiumidità, a sua volta iperprotetta dal nascondiglio spianato tutt’uno con la parete. Tanto lavorio, con la guerra ancora sulla testa, per qual altro motivo se non per volontà d’affidare alla custodia del dammuso il pegno d’una promessa inalterabile? Mera casualità dell’oggi, se intervenendo per la risistemazione dei muri dell’alcova, è ricomparsa l’antica nicchia con relativo contenuto? O piuttosto la forza d’un destino votato a compiersi malgrado il succedersi della morte? A ciò è stato scritto “Il dammuso del Nibbio”: per dare finalmente pace a un amore insoluto”.
“Da qui ha concluso il professor Antonio Valenza – anche la ragione per cui “Il dammuso del Nibbio” non và letto come una storia di dettagli panteschi bensì come un diario di sentimenti semplicemente umani. Disancorata dal lamentoso cliché del contesto indigeno, gravemente ossequioso d’estemporanei Robinson sull’isola dei Venerdì, la narrazione confronta, nella folgorante sensibilità dei protagonisti, la capacità di scegliere tra la spersonalizzante omologazione classista e l’irriverente affermazione individuale. L’intera vicenda, più che nella planimetria del territorio, palesemente si consuma tra i giardini degli affetti ferma restando, in tutti e due i luoghi, la centralità del Dammuso del Nibbio eletto a silente custode di passioni irreversibili. E quel Dammuso non soltanto di pietra, traversando la materia del romanzo, inevitabilmente trascina fuori dalle pagine spingendo in cerca di pensieri senza dubbi per riconfermarci nei Valori dell’Esistenza umana”.
Nella foto: Antonio Valenza, Franca Zona, Gabriella Lasagni, Stefano Ruggeri, Salvatore Gabriele
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