UNA SALA NERVI NELL’AEROSTAZIONE CON UNA AMPIA RASSEGNA DELLE SUE OPERE

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Caro Salvatore,
vorrei approfittare della tua vasta e bellissima cultura di Storia Romana per chiederti quante colonne e lapidi e altri simboli lasciati da Re e Imperatori sarebbe il caso di abbattere perché offensivi della democrazia. Pensa che anche il famigerato Gheddafi ha lasciato che a Sabratha e Leptis Magna si potessero ammirare i simboli dell’Impero. Per non dire di Tripoli, nella cui piazza principale ho potuto vedere la statua dell’Imperatore Settimio Severo, nato in quella bellissima città. Non esistono statue di Rodolfo Graziani, naturalmente, nè ne verranno realizzate in onore di Sarkozy, Cameron, Berlusconi e Obama. Mi complimento con il lettore Boro e l’amico Alfano che come milioni di italiani e stranieri hanno potuto vedere le strutture e i monumenti dell’antico Foro Mussolini oggi Foro Italico. Aggiungo – essendo frequentatore del CONI – che all’interno del Foro Italico, ex Foro Mussolini (ma il relativo obelisco non è stato abbattuto, bensì restaurato) esiste una indelebile traccia dell’apoteosi del Duce ben rappresentata da un grandioso affresco di Luigi Montanarini che occupa un’intera parete del Salone d’Onore del CONI. Come scrive Annalisa Santi, l’opera che colpisce di più è quella, conosciuta come "l’Apoteosi del fascismo", di Luigi Montanarini che rappresenta il Duce e i gerarchi su un altare tra le bandiere, intorno a loro una moltitudine di uomini e donne in armi o impegnati in attività lavorative e circondati dai simboli dell’Impero e della potenza di Roma. L’affresco si trova sulla parete alle spalle del tavolo presidenziale e per anni era stato coperto da un panno verde sovrastato dai cerchi olimpici. Giulio Onesti, infatti, appena nominato Presidente del CONI, preferì occultare l’affresco con un immenso panno di colore verde , perché si celasse al pubblico il Duce trionfante circondato dai gerarchi e dal popolo fascista plaudente. Erano gli anni Cinquanta e ancora non si poteva fare un "distinguo" tra il valore intrinseco di un’opera d’arte e le sue implicazioni politiche. Sta di fatto che quell’opera di valore storico e artistico rimase sepolta per mezzo secolo, fino a quando, su sollecitazione scritta del sovrintendente ai beni Culturali arch. Francesco Zurli, datata 21 dicembre 1996, il CONI rimise in luce l’affresco del Montanarini. Sicuramente è un’opera di grande valore artistico che, insieme al Foro Italico, non rappresenta certo più "l’apoteosi del fascismo" bensì ciò che di più bello ha espresso l’architettura degli anni ’30 e ’40, il periodo del "razionalismo". Vale a dire – mi permetto – l’unica vera forma di architettura originale prodotta dagli italiani prima di Renzo Piano. Aggiungo, per chi non lo sapesse, che l’Ingegner Nervi ha lasciato a Roma lo Stadio Flaminio, realizzato per i Giochi di Roma 1960 insieme al figlio Antonio, architetto, sulle precedenti strutture dello Stadio del Partito Nazionale Fascista, progettato e costruito dall’architetto Piacentini, successivamente chiamatosi Stadio Torino in onore delle vittime di Superga; suo anche il progetto del Palazzetto dello Sport dell’EUR. Una delle prime opere di Nervi fu Lo Stadio "Berta" di Firenze (oggi Franchi) dedicato a un giovane eroe del fascismo fiorentino nel 1930. Non risulta che l’Ingegnere, utilizzato dal regime per rappresentare il progresso dell’Italia mussoliniana, sia mai stato epurato, e anzi nel dopoguerra mise mano ad altre importantissime opere fra le quali spicca l’Aula Nervi delle udienze pontificie in Vaticano voluta da Paolo VI. Personalmente, ho fatto visita anche alla chiesa di St.Mary di San Francisco sempre progettata da Nervi. E a proposito di viaggi vorrei ricordare una visita a Gori, in Georgia, il paese che ha dato i natai a Giuseppe Stalin. Vi arrivai dopo la caduta di Baffone e mi dissero di non nominarlo mai e far finta di nulla. Solo che nella piazza principale della cittadina era vistosamente presente una sua statua gigantesca e lì vicino si poteva entrare – facendo finta di nulla – nel museo a lui dedicato, che si apriva con un dono dei "compagni di Sesto San Giovanni. Ho vissuto un quarto di secolo a Bologna sempre apprezzando la grande civiltà, la forte tolleranza dei bolognesi che non hanno mai voluto cancellare Via Stalingrado, mentre i russi putiniani e ipocriti hanno cambiato la toponomastica dando alla città eroica il nome di Volgograd come a Leningrado quello di San Pietroburgo. Gli americani, che per non dover subire rotture di balle hanno semplificato la toponomastica di New York come si sa, mantengono a Chicago, nei pressi del Lago Michigan, l’Avenue Italo Balbo dedicata al grande trasvolatore. Scusa la lunghezza del messaggio ma quando ci vuole… Finisco con una proposta: una Sala Nervi nel nuovo aeroporto di Pantelleria con ampia rassegna delle sue opere. Anche per insegnare qualcosa a chi vuole spazzar via dall’Isola l’Aeronautica benemerita.
Italo Cucci

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