BUCCURAM, PER GLI ARABI ”CONTRADA DELLA VIGNA”

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Ai confini della Montagna, a pochi chilometri di distanza dalla prominente contrada di Sibà, andiamo incontro alla verde e rigogliosa Conca di Buccuram, per gli Arabi ‘Contrada della Vigna’, dove visibilmente regna, quasi del tutto incontrastata e con armonica disposizione, la generosa distesa di vitigni che spazia fino a sfiorare il mare in lontananza.
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nUn profilo panoramico che Rosalia Silvia riesce a descriverci con precise definizioni di appartenenza territoriale, avvalendosi, come di consueto, del suo familiare sguardo d’architetto per tradurre il mondo.
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n“Buccuram è una piana attorniata da tre ‘siepi’, Kuddia Sciuveky, Kuddiole di Kufirà e Gelkamar; d’altro canto dischiusa al mare, attraverso le località di Scirafy e Madonna delle Grazie. Si tratta di uno spazio agricolo che, insieme a Monastero, Mueggen e Bugeber, esprime tendenzialmente una sorta di ‘chiusura’; nello stesso tempo, però, urbanisticamente sprovvista di un centro, si manifesta come contrada ‘dilatata’, snodandosi attorno ad un’unica strada: elemento principale da cui si diramano le tante viuzze che conducono presso gli abitati e le proprietà agricole. Buccuram ‘non è mare’, come potrebbe essere una località limitrofa alla costa; forse ‘neanche terra’, in egual maniera alla Vallata di Monastero o alla Piana di Mueggen. Qui c’è uno spiraglio, rappresentato appunto da una sola strada principale che, se da un lato col suo “Entrare – Uscire” rischia di generare dispersione nelle relazioni umane, dall’altro ci concede l’indecisa possibilità di ‘guardare oltre’."
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nCome esprime la sua particolarità, questa contrada?
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“Prima di tutto, nel suo essere luogo di agricoltura, anche se oggi assai meno rispetto al passato. Non è un caso che i suoi abitanti si riuniscano, nei legami di attinenza sociale, all’interno del ‘Circolo Produttori Buccuram’, unico spazio di sodalizio in seguito al declino dello storico ‘Kral’, che un tempo frammentava Buccuram in ‘sopra’ e ‘sotto’. E non è affatto marginale che in questa contrada si concentri una solida presenza di aziende agricole: Basile, De Bartoli, Casano…Altra specificità del luogo – e di pochissime località sull’isola, come Sant’Anna, Farkikalà, San Marco e San Francesco -, l’esistenza degli ‘aristocratici’ palazzetti rurali, a simboleggiare la superiore condizione sociale ed economica di talune famiglie.”
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nRappresenti una ‘via di mezzo’ fra vecchio e giovane, la fase un pò più avanti del ‘mezzo del cammin di nostra vita’: quali i tuoi souvenir d’emozioni legati alla contrada?
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“Soprattutto i miei genitori, inevitabilmente connessi a questa terra. Figlia unica di un papà commerciante e di una mamma coadiuvante le attività del marito, ho sempre constatato il loro legame forte con il territorio. Negli anni ’70 del Novecento, tuttavia, mio padre era un valido riferimento per quanti avessero bisogno di farina, bombole, petrolio; prodotti che molti venivano a comprare salendo dalla ‘trazzera’ di Venidisè per accorciare il tragitto, e che lui stesso, su ordinazione, spesso trasportava e consegnava nelle contrade limitrofe di San Vito, e Madonna delle Grazie. Dopodiché il suo tempo di dedizione ai terreni avuti in eredità, dormendo poche ore a notte, per far fronte a tutto. Poi anche gli amici della contrada, con i quali mi recavo a scuola in pullman, verso il Centro, accompagnata, insieme a loro, da entusiasmanti emozioni di libertà. Più avanti l’università, con la nostalgia leopardiana del ritorno in patria e la lacerante mancanza di Pantelleria, il luogo del ricovero e della salvezza; fino a quando, giunta a quasi trent’anni, non mi sono resa conto, con dispiacere, di quanto a volte l’isola potesse rappresentare una condizione di limitatezza. Allora osservavo e ricordavo mio padre con ammirazione, perché mi trasmetteva la certezza della sua lucida struttura. C’è bisogno di forte interiorità, per affrontare i venti a volte avversi di quest’isola che ci costringono a metterci al riparo, come i grappoli d’uva che si rifugiano nelle conche lavorate con fatica. Fino a quando non ci si rende conto che né le convenzioni né le preclusioni possono farla da padrone, il senso d’inadeguatezza può avere il sopravvento; si rischia di sentirsi isolati, come tutte le volte in cui don Titta, l’ultimo dei baroni Garsia, si recava angosciato da mio padre, in negozio, quando d’improvviso la corrente elettrica veniva meno, e attendeva che tornasse, risollevato dalla presenza amica."
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nCosì Buccuram. Una contrada fatta ‘di terra’. Spaziosa ma recintata, senza mare.
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nDiventa però luogo ‘di mare’ quando si comincia ad imboccare il cammino verso Sciuveky, o anche Bonsulton o ancora e soprattutto Sateria. Un mare lontano, ma in realtà vicino, perché basta inoltrarsi sul viottolo più breve, per poter realizzare ogni recondito desiderio.
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nFranca Zona
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